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L’EDITORIALE
100 anni

di Giovanni Laviosa

Il primo pensiero sui cento anni dalla fondazione della Laviosa va alle persone che hanno intrecciato la loro vita con la nostra azienda. Tante le ho conosciute, alcune meglio di altre, da molti ho imparato quanto mi era mancato inizialmente. Mio padre è stato un costante esempio per visione, lealtà, tenacia e coraggio. Credo che…

Il primo pensiero sui cento anni dalla fondazione della Laviosa va alle persone che hanno intrecciato la loro vita con la nostra azienda.

Tante le ho conosciute, alcune meglio di altre, da molti ho imparato quanto mi era mancato inizialmente.
Mio padre è stato un costante esempio per visione, lealtà, tenacia e coraggio. Credo che un’azienda familiare debba valorizzare ciò che le è naturale, la visione di medio termine e la rapidità di adeguarsi ai cambiamenti, linee guida di mio padre stesso.

Appena iniziai a lavorare in Laviosa andai per circa due anni in Francia, dove si stava costruendo una nuova fabbrica a Ports les Valance.

Non avevo nessuna conoscenza tecnica, avevo studiato economia, con me una piccola squadra di tecnici venuti da Livorno, Nedo Giannini e Pierluigi Grossi, senza di loro mio padre non decideva nessun nuovo impianto.
Poi c’erano anche Fabrizio Bernini e Carlo Patricelli dell’officina di via Galvani la nostra fabbrica di Livorno.

Infine Alessandro Bertini, appena sposato con una figlia piccolissima, che, con la famiglia, aveva accettato questo nuovo lavoro per allestire il laboratorio di analisi indispensabile alle nostre produzioni.

Una sera, come capitava spesso, eravamo tutti a cena insieme anche con Giuseppe Carluccio e la sua futura moglie Cristie, erano arrivati lui dalla Puglia come operaio e lei dall’Olanda come segretaria.

Ad un cero punto Fabrizio Bernini mi guarda e serio mi dice “Sai, secondo me in questa azienda te farai carriera”.
Tutti abbiamo riso ma poi la sera a casa ci ho ripensato e tante altre volte negli anni ho rammentato le sue parole.

Era un modo scherzoso per affrontare una questione importante, ma sei sicuro di meritarti la stima degli altri con un percorso così lineare?
Me lo sono chiesto spesso ed ho cercato di meritare la responsabilità che mi era stata tramandata, essere modesti aiuta cosi come non dare nulla per scontato. I prossimi anni della Laviosa dipenderanno da tante circostanze ma prima di tutto dalle persone che la vivranno e sono certo che la porteranno ancora avanti, in contesti diversi ma ispirati dai valori costruiti nel tempo: onestà, fiducia e coraggio.

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Foto Biancamaria Monticelli
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RedazioneLa volontà del fare

di Antonella Alboni

Tutte le imprese nascono dalla visione di un individuo o di una famiglia per poi evolversi nel suo arco vitale ed eventualmente modificare la propria connotazione. Carlo Laviosa nasce in una famiglia di operatori marittimi genovesi e stabilisce la sua attività nella Livorno del 1922 avviando L’Agenzia Marittima, inizialmente per navi collegate ai propri commerci…

Tutte le imprese nascono dalla visione di un individuo o di una famiglia per poi evolversi nel suo arco vitale ed eventualmente modificare la propria connotazione.
Carlo Laviosa nasce in una famiglia di operatori marittimi genovesi e stabilisce la sua attività nella Livorno del 1922 avviando L’Agenzia Marittima, inizialmente per navi collegate ai propri commerci di carbon fossile e materie prime per l’industria refrattaria, espandendo successivamente l’attività ai servizi di linea.

Fu grazie a Ernesto Laviosa, figlio di Carlo, che l’attuale Laviosa Chimica Mineraria muove i primi passi nel mondo industriale livornese e si deve all’Ingegnere, come tutti amavano chiamarlo, l’intuizione della ricerca di depositi bentonitici nell’area del Mediterraneo, e le conseguenti possibili applicazioni nei vari settori industriali e domestici.

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Foto Miniera in Turchia

Le argille bentonitiche sono tuttora il core business dell’azienda che negli anni si è espansa in altri paesi del mondo, ovunque abbia individuato giacimenti bentonitici che offrissero la possibilità di nuove applicazioni ed utilizzo. Il Centenario di un’azienda è un traguardo che trascende il singolo individuo ma abbraccia piuttosto l’insieme di linee guida e valori tramandati attraverso le generazioni e che hanno permesso a Giovanni Laviosa, attuale Presidente, di festeggiare un momento significativo nella storia della compagnia.

La Laviosa Chimica Mineraria di oggi è il frutto di un viaggio, un impegno di lunga durata, fatto di impresa, ma l’impresa è un connubio di scelte industriali, tempismo, opportunità e tutti questi aspetti sono imprescindibilmente legati alle persone che hanno compiuto il viaggio insieme all’Ingegnere prima e a Giovanni Laviosa, ora, insieme ai figli che attivamente operano in azienda o che si preparano a farlo, e che si prodigano per estendere al futuro i principi e l’eredità morale della tradizione familiare iniziata cento anni fa.

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AI MIEI GIOVANI
L’intervista: Umberto ci racconta

di Umberto Laviosa

L’Ingegnere Ernesto Laviosa dedica affettuosi pensieri a coloro che definisce “i miei giovani”: il figlio Giovanni, i nipoti Olimpia, Ernesto, Umberto e Francesco. Nelle righe che seguono, abbiamo dato la parola ad uno di loro. Ricordo bene quando, da bambino, venivo in ufficio a trovare mio padre e mio nonno Ernesto, ed insieme, tal volta,…

L’Ingegnere Ernesto Laviosa dedica affettuosi pensieri a coloro che definisce “i miei giovani”: il figlio Giovanni, i nipoti Olimpia, Ernesto, Umberto e Francesco.

Nelle righe che seguono, abbiamo dato la parola ad uno di loro.

Ricordo bene quando, da bambino, venivo in ufficio a trovare mio padre e mio nonno Ernesto, ed insieme, tal volta, visitavamo lo stabilimento. Non rammento i dettagli delle visite in fabbrica, ma ricordo perfettamente che lo scopo principale della giornata, oggi potrei paragonarla ad un progetto importante o all’acquisizione di un ordine, era quello di riuscire a prendere una deliziosa cioccolata calda al distributore automatico e aggiungere un paio delle piccole confezioni di latte condensato che l’assistente di mio nonno custodiva in un piccolo frigorifero nella sua stanza.

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Foto Salvatore Gioia

Da allora, sono passati circa venticinque anni; adesso lavoro insieme a mio padre e mia sorella e possiamo contare sulla passione, l’esperienza e la complementarietà di trecentosessantanove collaboratori che ci hanno da sempre supportati nella nostra missione e attraverso molteplici sfide. Se siamo qui, oggi, oltre che alle nostre intuizioni e fatiche, è grazie anche e soprattutto a loro.

Per l’opportunità di poter condividere i miei ricordi in occasione del nostro Centenario devo ringraziare la visione e i valori che mio nonno ha trasferito a mio padre e che lui ha mantenuto e sviluppato passandoli ai suoi figli. Investire nell’azienda è una linea guida che viene da lontano e che noi intendiamo continuare per assicurare alla Laviosa un solido futuro.

Desidero poter offrire ai miei figli, ed ai figli dei miei figli, con lo stesso spirito e passione, un delizioso cioccolato caldo, con una macchina più moderna, più veloce e più ecologica, ma ammirando lo stesso cielo, le stesse colline e puntando ancora lo sguardo verso le stelle per costruire un futuro sempre più vigoroso e sostenibile, unendo tradizione e innovazione.

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Dalla Laviosa dell’Ingegnere alla Laviosa del Dottore

di Eugenio Scaramuzzi

Cento anni! Sono tanti, almeno 3 generazioni. Siamo per l’appunto proprio verso la fine della terza e l’inizio della quarta. Di questi cent’anni ne ho vissuti appieno quasi un quarto. Sono stati anni di grande trasformazione della società in cui viviamo, e non solo della Laviosa: siamo stati testimoni di una (e forse anche più…

Cento anni! Sono tanti, almeno 3 generazioni. Siamo per l’appunto proprio verso la fine della terza e l’inizio della quarta.
Di questi cent’anni ne ho vissuti appieno quasi un quarto. Sono stati anni di grande trasformazione della società in cui viviamo, e non solo della Laviosa: siamo stati testimoni di una (e forse anche più di una) vera e propria rivoluzione nei costumi, negli strumenti di lavoro, nei valori sociali. La Laviosa dell’Ingegnere l’ho appena sfiorata: poco più di un anno di lavoro insieme alla precedente gestione e poi la svolta con l’ingresso del nuovo socio e la partenza dell’avventura della riorganizzazione radicale fatta da un gruppo di quarantenni che hanno gestito la Laviosa del Dottore.

C’era da rimboccarsi le maniche. Siamo stati aiutati, certo. Dall’esterno ci hanno assistito consulenti e consiglieri di amministrazione di livello altissimo, mentre all’interno abbiamo operato nel rispetto e nel sostegno reciproco, adattando di continuo l’organizzazione alle varie esigenze che i tempi imponevano.

L’elenco delle cose fatte è lunghissimo, occorrerebbe consultare l’archivio per avere una lista esaustiva. Per rendere l’idea di cosa vuol dire cambiamento, ricordo che quando ho cominciato a lavorare alla Laviosa, in ufficio avevamo macchine da scrivere, che si utilizzavano con carta carbone per fare le copie, telex (per l’Agenzia Marittima) e fax. Non c’erano le e-mail, né le agende elettroniche condivise, né tantomeno gli smartphone o i social network ma sulla scrivania avevamo i cestini della posta in entrata e di quella in uscita. I messaggi venivano scritti e portati a mano sulla scrivania del collega.

A valorizzare il magazzino ci pensava lo Scutti che, con cicca in bocca, armato di penna e foglio di carta, faceva il giro degli stabilimenti prima di inoltrare gli ordini di acquisto … e non ho ricordo di rotture di stock, ma d’altra parte cos’era il just in time? Possiamo o no definirlo un altro mondo?

Oggi la Laviosa è molto forte ed è in continua crescita. Come tutte le imprese di successo riesce a mantenere ferma la barra del timone perché le acque che l’attendono sono comunque agitate dai forti venti di ulteriori cambiamenti sociali, politici e macroeconomici. Le previsioni meteo? Meglio non guardarle.

Occorre pensare al domani, con nuove tecnologie e strumentazioni di bordo sempre più sofisticate e proattive. Siamo entrati nell’epoca dei metaversi e delle criptovalute.

Io mi arrendo.
Cara quarta generazione… c’è posta per te!

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Celebrare il Centenario: una grande emozione

di Piero Starita

Un fiume di ricordi emerge dalla memoria; i ricordi di 36 anni di lavoro senza interruzioni, intenso, coinvolgente; ricordi a cui si aggiungono le memorie trasmesse dagli anziani che ho conosciuto nei primi anni di attività ed i ricordi che mi raccontò l’Ingegnere, in particolare quelli degli anni del dopoguerra, della ricostruzione, il lavoro in…

Un fiume di ricordi emerge dalla memoria; i ricordi di 36 anni di lavoro senza interruzioni, intenso, coinvolgente; ricordi a cui si aggiungono le memorie trasmesse dagli anziani che ho conosciuto nei primi anni di attività ed i ricordi che mi raccontò l’Ingegnere, in particolare quelli degli anni del dopoguerra, della ricostruzione, il lavoro in via Marco Mastacchi, la costruzione dello stabilimento in area portuale, il sogno dell’affaccio sul mare. Ricordo l’esperienza del dr Novelli, i sogni del dr Rinaldi, le preoccupazioni del sig. Biestro. Ricordi di anni difficili e ricordi di soddisfazioni.

Ricordo gli entusiasmi dei geologhi ed i profumi mediterranei delle miniere sarde, la natura selvaggia, il fango d’inverno e la polvere d’estate.

Avevo 34 anni, era appena nata la mia prima figlia e la Fonderia era il mercato di riferimento della Laviosa. Sì, la fonderia, il nome della Laviosa conosciuto e rispettato nell’industria nazionale, dalla Fiat all’Agip.

La Bentonite: il nome della Laviosa conosciuto e rispettato nel settore minerario, nel mondo. La soddisfazione di trovare tante persone in paesi lontani dire, al sentire il nome Laviosa: ah sì certo, … Laviosa, Italy.

Poi i ricordi del lavoro con Giovanni, tanti, tantissimi. L’arrivo di Eugenio, in un momento molto difficile, e piano piano la costruzione di una intesa fatta di stima e fiducia.
I clienti, tanti anche questi, un patrimonio molto solido su cui la Laviosa si è sempre appoggiata.

I fornitori, non tanti, ma con storie di relazioni solide, costruite sul rispetto e la fiducia reciproca.
I cambiamenti, tanti, ma coniugati con una continuità di valori, di persone, di relazioni.

Ed infine le persone, tante persone; come non costruire con le persone delle relazioni forti dopo averci lavorato assieme per così tanti anni e quindi tanti amici.

La soddisfazione, direi quasi la gioia, di vedere giovani entrare in azienda e negli anni osservare tanti di questi costruire la propria vita sul lavoro, sulla Laviosa. La soddisfazione di trasmettere conoscenze e relazioni.

Il Centenario non può essere una celebrazione personale; è un tempo che non si adatta ai tempi dell’individuo. Il valore di celebrare un Centenario è proprio il superamento della dimensione individuale, estendendosi nel tempo fra le persone, fra le generazioni, fra le epoche di un modo in cam-biamento sempre più veloce. Ed ecco che si arriva a parlare di valori, di quei valori che possono unire generazioni diverse, ovviamente legate ad epoche diverse.
Celebrare un Centenario potrebbe sembrare guardare indietro ma il mio augurio è per le nuove generazioni ed è di trovare nel lavoro e nei rapporti di lavoro i valori fondanti della Laviosa, di capirli e farli propri.

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Cent’anni

di Antonella Alboni

Queste due parole sono legate ad eventi che sottolineano un carattere di eccezionalità, se messe in relazione alla durata media della vita umana. I cento anni colpiscono più dei millenni, la nostra mente tende a raffrontarsi con qualcosa che è alla sua portata e non relegata ad una sfera che ha significati storici, evolutivi e…

Foto Archivio Laviosa

Queste due parole sono legate ad eventi che sottolineano un carattere di eccezionalità, se messe in relazione alla durata media della vita umana.
I cento anni colpiscono più dei millenni, la nostra mente tende a raffrontarsi con qualcosa che è alla sua portata e non relegata ad una sfera che ha significati storici, evolutivi e culturali ma non tangibili e nemmeno nell’ambito delle speranze. Possiamo augurarci di vivere cent’anni, ma nessuno, sano di mente, auspica un’esistenza lunga mille anni.
In campo medico e antropologico, sono fioriti studi che si concentrano sulle cosiddette Zone blu, aree del pianeta dove si ha una percentuale maggiore di individui centenari e, a questo proposito, sono state elencate una serie di motivazioni, chiamate power nine, che appaiono essere le ragioni principali della longevità. Anche all’Italia spetta una di queste oasi, in Sardegna, precisamente in Barbagia.
Studi paralleli sono nati per esaminare le Aziende Centenarie. Partiamo col definirle una rarità. Nel 1958 un’azienda viveva in media 61 anni, oggi non raggiunge i 18 anni di vita.
Il successo di un’azienda centenaria si identifica in poche ben delineate peculiarità: poggiano su solidi e tradizionali valori, unitamente ad una tendenza evolutiva e coraggiosa.
In pratica, il segreto pare essere come mantenere salda l’identità dell’azienda pur nel continuo, necessario, cambiamento.
Ci deve essere una volontà di proiettarsi ad un fuori, geografico e temporale, avere una visione di lunga gittata ma soprattutto l’aspirazione ad avere un impatto nel contesto sociale in cui si sviluppa, andando oltre il mero profitto. L’azienda di successo riconosce l’umiltà della contaminazione, si mette in discussione accettando di affiancarsi a talenti opposti che possono creare situazioni di contrasto nel breve termine ma, in prospettiva, permettono la liberazione di energie creative che rimarrebbero sopite con l’assenza del conflitto. Altra caratteristica che accomuna le Centenarie è la continuità nella gestione. Pur nel cambiamento dei vertici, si garantiscono un lungo passaggio di consegne, affinché il patrimonio di conoscenze aziendale non vada perduto. E, nelle Centennials, le squadre che vincono, si cambiano! É solo apparentemente assurdo: le aziende di successo possono rimanere salde nella loro identità e nei loro valori pur assecondando l’evoluzione e hanno la capacità e l’audacia di adeguarsi alle trasformazioni proprio per la solidità delle loro radici. L’argomento è vasto e ampiamento dibattuto e queste poche righe non vogliono avere una pretesa esaustiva. Vorrei comunque sollecitarvi a leggere l’estratto dell’intervista ad Ernesto Laviosa che compare nella Sezione Cultura e ritrovare nelle parole dell’Ingegnere tutti i principi e i valori che hanno guidato il suo percorso imprenditoriale e che coincidono con le motivazioni che gli addetti ai lavori hanno riconosciuto essere le peculiarità delle aziende più longeve, le cosiddette Centennials!

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Foto Archivio Laviosa
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LAVIOSA CULTURA
Intervista a Ernesto Laviosa

di Antonella Alboni

Premessa La lunga intervista a Ernesto Laviosa, ad opera dello scomparso Vittorio Marchi, è un libro attuale, per intuizioni e visione del mondo industriale, pur conservando il tono nostalgico del cammino percorso, delle sfide affrontate. E a fine lettura, rimane viva la sensazione che i successi siano, sì, importanti, ma all’Ingegner Laviosa è piaciuto il…

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Foto Archivio Laviosa

Premessa

La lunga intervista a Ernesto Laviosa, ad opera dello scomparso Vittorio Marchi, è un libro attuale, per intuizioni e visione del mondo industriale, pur conservando il tono nostalgico del cammino percorso, delle sfide affrontate. E a fine lettura, rimane viva la sensazione che i successi siano, sì, importanti, ma all’Ingegner Laviosa è piaciuto il viaggio che lo ha condotto fino alla conferma della sua posizione nel mondo industriale italiano ed europeo. L’occhio è rivolto ai disagi del dopoguerra, alle avventure sulle impervie strade della Cisa di quel tempo, ma lo spirito è leggero, carico dell’entusiasmo che hanno caratterizzato il periodo post bellico, pur fra ostacoli di ogni tipo, a cui occorreva far fronte giornalmente. La sfera professionale s’intreccia alla storia famigliare e il racconto si fa intimo: non siamo di fronte ad un asettico elenco di eventi ma alla storia di un uomo e della sua vita.

Dall’intervista

Scrivo queste poche pagine a ricordo di Ernesto Laviosa, l’Ingegnere, un’espressione che Lui stesso trovò gratificante e che caratterizzava la sua indole di tecnico, volta allo scoprire com’è fatto all’interno qualsiasi oggetto. Nato a Livorno il 17 agosto 1925, si laureò in Ingegneria Industriale Meccanica il 19 dicembre 1949 e nel 1999 ricevette a Firenze la medaglia per i cinquant’anni di laurea.
Era la disciplina a Lui più congeniale, la sua tesi si era focalizzata sul progetto di una motocicletta ed era molto interessato alle turbine a gas, a cui avrebbe ambito approfondire in Inghilterra col Professor A. Juose, esperto in materia. La vita spesso non segue i desiderata e, a causa delle precarie condizioni di salute del padre, fu riportato alla realtà e ad accelerare la fine del percorso accademico.
A parte le inclinazioni personali, l’Ingegnere ci ricorda che nel periodo della sua formazione universitaria, gli studi di Economia non erano valorizzati e la figura dell’ingegnere ben si addiceva a condurre un’azienda, raccogliendo in sé le fasi di progettazione, costruzione e gestione.
Dall’intervista rilasciata a Vittorio Marchi, emerge una figura appartenente ad una generazione educata all’osservanza di regole semplici, e ci sottolinea di avere colmato gli inevitabili dubbi d’indirizzo, in cui si crea un “vuoto”, con la decisione del “fare”. La “volontà del fare” è, per Ernesto Laviosa, la caratteristica principale che deve contraddistinguere quanti intendano svolgere un’attività autonoma ed accollarsi conseguentemente responsabilità imprenditoriali.
Il termine responsabilità ricorre spesso nelle parole dell’Ingegnere, unitamente al rischio ponderato, di cui aveva fatto regola di vita.
Che imprenditore sarei stato senza rischiare?
Nell’intervista troviamo molto di più: in primis la nostalgia di una vita vissuta intensamente e la volontà di ripercorrerla per poterla così trasmettere alle generazioni future, ai “miei” giovani, il figlio Giovanni, i nipoti Olimpia, Ernesto, Umberto e Francesco, alla famiglia nel senso più allargato del termine e a tutti quanti mi ricorderanno.
In questo percorso a ritroso, a volte dolce, a volte doloroso, Ernesto Laviosa fa un consuntivo della propria vita, le vicende personali si intrecciano a quelle professionali e grande peso hanno gli anni giovanili, vissuti nel periodo bellico e post bellico.

La mia è la generazione alla quale sono stati tolti gli anni della gioventù e la spensieratezza dei diciott’anni. Ho dovuto vivere praticamente nascosto due anni, tra la grande apprensione dei miei familiari, ed affrontare gli anni “brutali” del primo dopoguerra. Non siamo stati mai “giovani”, ma per chi ha saputo reagire e porsi obbiettivi è stato un periodo di formazione del carattere.

Nelle sue parole troviamo l’affettuoso ricordo del padre Carlo, il “Sor Carlo”, persona che si distingueva per intelligenza e cordialità, la cui vita era improntata alla semplicità , socievole nel suo carattere di entusiasta della vita.
Carlo Laviosa, nel febbraio del 1922, si stabilisce a Livorno e avvia l’Agenzia Marittima, tramite la quale importava e commercializzava carbone fossile. Dall’Inghilterra, oltre al carbone, importava materie prime per l’industria refrattaria, per la fonderia e la ceramica.
L’Agenzia Marittima dapprima nata per attività legate a propri commerci, si estese poi ai servizi di linea.

Mio padre è stato un profondo conoscitore di commerci marittimi e problematiche portuali, ma grazie all’esperienza acquisita come importatore, fu anche in grado di intravedere la possibilità di un nuovo sviluppo dell’industria della fonderia per la quale nel 1933, iniziò a produrre Nero Minerale, grafite ed altri prodotti che non si fabbricavano in Italia e per buona parte erano importati dall’Ungheria.
Mio padre era imprenditore incline alle novità, poco disposto all’immobilità che costituiva solo un momento di sosta per raccogliere le idee.

L’Ingegnere pone l’accento sull’idea di lavoro del padre, del suo amore per il lavoro, di cui aveva una concezione di tipo militare ma anche sociale, il rigore sul posto di lavoro unito alla familiarità verso terzi e la grande attenzione ai comportamenti sociali.
Ernesto Laviosa dedica al padre parole di stima e affetto e ricorda di avere pensato a lui nei momenti di difficoltà e a cosa avrebbe fatto al posto suo.
Queste sono le premesse di un cammino nato nel lontano 1922, fino ad arrivare ai giorni nostri, nel 2022, di cui, appunto, intendiamo celebrare il Centenario rileggendo insieme l’Intervista a Ernesto Laviosa, che non è mai stata un plauso al suo impegno, bensì il desiderio di divulgare il sentimento di responsabilità tipico dell’imprenditore.

Il dopoguerra

Ci voleva coraggio!
Non c’era alternativa. Il coraggio costituiva un tratto comune: era necessario ricominciare per sopravvivere. Prendere coscienza di ciò fu il primo avvertimento della maturità.

Le difficoltà a livello operativo erano molteplici, in ogni settore professionale.
La ditta Carlo Laviosa partecipò alla Società per la Ricostruzione che eseguì per il Genio Civile importanti opere, fra le quali il raccordo che collega l’Aurelia col lungomare.
Ernesto Laviosa ricorda il padre che, in questo periodo difficile, gli infondeva sicurezza e fiducia nel futuro, così da avvicinarlo al lavoro spinto dal desiderio di anticipare il domani.
Fino alla fine del 1950 l’azienda aveva prodotto solo Nero Minerale, poi assistiamo all’esordio della Bentonite.
In quel periodo l’Agenzia Marittima era penalizzata per la forte riduzione dei traffici, così Ernesto Laviosa si concentrò sulla produzione industriale.
Nell’ambiente delle fonderie di ghisa la Bentonite si associava necessariamente al Nero Minerale già in produzione e fu facile unire la vendita di entrambi.
La Bentonite era nota fin dall’antichità: i Romani usavano le argille sarde per il trattamento delle lane, le argille greche come detergenti. Plinio riferisce anche di applicazioni farmaceutiche.

Sotto l’impulso della necessità di valorizzare fonti autarchiche di materie prime, anche indipendentemente da criteri di costo, la Laviosa comprese l’importanza di certe terre bianche di cui era stato scoperto un giacimento nell’isola di Ponza e ne studiò un uso specifico per le fonderie, che divenne il Bentocol.

Il trattamento dei grezzi bentonitici di Ponza permise la produzione di “terra sintetica” che affrancò le fonderie nazionali dalla necessità di importare le cosiddette “terre francesi” e le Bentoniti americane.
Tale prodotto esclusivo fece opera di penetrazione tecnica sul mercato e il suo impiego salì fortemente quando la FIAT iniziò ad utilizzarlo.

Il 3 gennaio 1953 Viene a mancare Carlo Laviosa.
Le sue doti umane e la viva intelligenza furono testimoniate da manifestazioni d’affetto da parte dei lavoratori portuali, dello stabilimento e delle tante persone che lo conoscevano.

Il 25 febbraio 1960 la Carlo Laviosa diventa Industria Chimica Carlo Laviosa S.p.a. con lo scopo di esercitare la produzione di Nero Minerale, di Bentonite, ma anche di formelle di ferroleghe di grafite e prodotti affini che nel frattempo avevo sviluppato.
Il nome fu cambiato perché esprimeva più compiutamente lo scopo sociale.
Naturalmente, dopo la scomparsa di mio padre, spettava a me la responsabilità aziendale, quella dell’Agenzia Marittima nonché delle altre attività.
Primario è stato l’interesse della nostra società per la ricerca applicata il cui ruolo fu determinante, tanto che, nel settore della formatura, dove tale ricerca si concentrò, siamo all’avanguardia.
Non c’è stato congresso scientifico nei settori di nostro interesse al quale non siamo stati presenti con relazioni e nuovi prodotti e saremmo entrati anche nel settore delle resine, se non ci avessero bloccato vicende esterne.

I primi passi dell’Industria Chimica sono rievocati dall’Ingegnere con tanta nostalgia.

Oggi sento la responsabilità che allora non percepivo compiutamente. Produttori si diventa tutti i giorni e siamo sempre in ritardo. Le fabbriche si creano col lavoro e con la ricerca, ma anche l’ambiente costituisce una funzione determinante, richiama o respinge il capitale.
…la posizione geografica è certo importante, ma l’ambiente va predisposto e allestito, intendendo con ciò affermare che occorrono possibilità e discipline territoriali agili, tali da non intralciare la speditezza degli investimenti ed il coraggio di chi vuole intraprendere.

I sogni

A proposito del carattere e dei miei sogni … volevo fare l’armatore.

L’ingegnere, nella sua intervista, ci confida della sua infatuazione per l’armamento, mai scoraggiata dal padre.
Era la sfida per eccellenza, l’armatore ha un mercato vasto, in competizione con tutto il mondo.
Traspare, da questa passione, il desiderio di misurarsi senza limitazioni. A questo proposito ci racconta l’episodio di una sua nave, la Carlo Laviosa, da 9500 tonnellate twd, in avaria al porto di Bari.
La nave era data per spacciata ma l’Ingegnere era, per l’appunto, un ingegnere! Volle accertarsi personalmente del danno e fu calato, a testa in giù, dalla testata del cilindro.

Era come entrare in un forno appena spento, sebbene quel pistone fosse stato disattivato da giorni per raffreddare un poco il cilindro che pure era collegato a tutta la macchina a triplice espansione. Fortunatamente si era rotto solo il pistone AP.

Fu coraggio? Necessità fa virtù, dice il proverbio.
L’impegno nell’armamento terminò negli anni 2000 e leggiamo parole di pentimento per non avere insistito, ed altrettanto rammarico.

Gli anni ’70

Nel 1965 iniziarono i lavori nello stabilimento di Via Galvani e coincisero con l’arrivo del Dottore Giovanni Novelli. Grazie ai suoi studi sulla Bentonite si deve l’impulso al molteplice utilizzo tecnologico al quale si lega la fama della nostra industria chimica.
Lo sviluppo dell’azienda dipendeva dalla ricerca, dalla capacità di sviluppare nuovi prodotti, dall’arricchimento delle forze intellettuali, dalla collaborazione con la strategia industriale dell’azienda. Eravamo partiti dal Nero Minerale; avevamo allargato l’interesse alla Bentonite, alla sabbia prerivestita e ad altri prodotti per le fonderie, ma dovevamo svilupparne altri e incrementare al contempo la produzione.

Fu in questo periodo che venne a mancare l’approvvigionamento delle argille dall’isola di Ponza e l’Ingegnere cominciò a guardare alla Sardegna, intuendo che l’isola potesse disporre di giacimenti. La collaborazione col Professor Pietracaprina, geologo, fu proficua e negli anni successivi furono ben venticinque i titoli minerari per Bentonite messi in coltivazione.

Nei nuovi stabilimenti di Via Galvani fu così possibile mettere in produzione una serie di materiali precedentemente studiati: Nero Minerale granulato, Depol, essicazione della Bentonite, sabbie silicee, Cromite e Barite, sabbie prerivestite con resine termoindurenti, formelle Deso di carbonato sodico fuso e altro.

Il nuovo stabilimento lavorava a pieno ritmo. Parallelamente allo sviluppo raggiunto nell’arte fusoria, esso era in procinto di compiere un nuovo salto di qualità sul piano produttivo e commerciale.
Venne alla luce il “Premix”, una miscela di Bentonite, Nero Minerale ed altri minerali di formatura … A metà degli anni ’70, il “Premix” raggiunse il massimo sviluppo.
In Europa la Laviosa era la seconda produttrice di materiali ausiliari di fonderia. Il risultato andava mantenuto e consolidato. Nessuna azienda riesce a sopravvivere contando su rendite di posizione.

Furono anni intensi in cui l’azienda si concentrò sul contenimento dei costi. Dalla Sardegna l’azienda importava Bentoniti umide contenenti il 30% di acqua mentre il prodotto finito ne conteneva il 12%.
Nel 1972 Ernesto Laviosa fondò la Mineraria Chimica Sarda (MI.CHI.SA), in cui si lavorava la Bentonite, pronta ad essere raffinata, ‘attivata’ ed essiccata con un contenuto di acqua pari al 12%, era quindi pronta per essere inviata a Livorno o direttamente ai clienti, via mare.
Si aprirono con quest’opportunità nuovi mercati, la Bentonite, che poteva contare di un prezzo vantaggioso, fu venduta agli stabilimenti del Nord Europa e venivano trattate forniture sulle coste atlantiche degli Stati Uniti e del Canada. Oltre alla qualità ora s’introduceva anche la variabile quantità.

L’espansione induceva a creare un servizio geologico per assicurare al nuovo impianto giacimenti di Bentonite per tutto un nuovo mondo che ora si offriva grazie alla possibilità di caricare direttamente le navi in Sardegna. Come si può comprendere, la quantità assumeva sempre maggiore importanza. Ogni passo in avanti riduceva i costi e provocava maggiore produzione e vendita.

1973: è l’anno della Grecia. Anni di ricerca portarono all’individuazione di giacimenti di Bentonite bianca, che era in diretta concorrenza con quella americana.
La differenza con le altre argille bentonitiche non sta solo nella colorazione ma nelle proprietà chimico-fisiche, ad esempio un maggiore assorbimento di acqua.
Nacque quindi la Società Mediterranean Bentonite Co., con sede al Pireo, che gestiva le cave greche mentre la lavorazione avveniva a Livorno.
Per le sue caratteristiche, questo prodotto era indicato per prodotti di maggior valore aggiunto, destinati a diversi settori industriali.
La richiesta di Bentoniti bianche aumentò e la produzione ellenica non riusciva a soddisfarle.
Fu così necessario rivolgere lo sguardo, e le conseguenti ricerche, anche in Turchia e Marocco.
Nel 1979 nacque la Laviosa France, a Valence, per far fronte alla concorrenza tedesca che aveva costruito un impianto nel Nord della Francia.
La Francia non dispone di giacimenti bentonitici di rilevanza industriale e poteva costituire un’opportunità. Il Gruppo esportava già nel Sud della Francia, via terra: con la Laviosa France si pensò ad un diverso tipo di trasporto, via mare e fiume, per abbattere i prezzi e offrire un prodotto concorrenziale. Il Rodano è navigabile fino a Lione, quindi la Bentonite sarda poteva essere portata via navi fluvio-marittime da Oristano al cuore della Francia e trasportare, nel viaggio di ritorno, granaglie che dalla valle del Rodano esportavano grano in Mediterraneo.
L’impianto fu operativo nel 1982 e in poco tempo fu a pieno regime.

L’Agenzia Marittima

Nel 1922 Carlo Laviosa, padre di Ernesto, fonda a Livorno l’Agenzia Marittima che operava per le navi di carbone curando vendita, sbarco e spedizioni.
Nel 1930 si aggiunse la Società Tripcovich per i servizi merci regolari nel Mediterraneo e nel 1935 fu la volta della Società Garibaldi per i servizi diretti in Africa Orientale ed Estremo Oriente.
Purtroppo sopraggiunse la guerra e nel 1940 furono sospesi i servizi di linea, che ripresero al termine del conflitto. L’Agenzia Marittima acquisì allora il Gruppo delle Compagnie Olandesi, che operava verso il Golfo Persico ed Estremo Oriente, e la Navegación de Exportación Agricola Espan͂ola, con servizi nel Mediterraneo Orientale.
Alla riapertura dei collegamenti coi porti statunitensi per le merci, l’Agenzia acquisì altre compagnie, fra le quali la Stare Marine (USA).
Negli anni ’70, numerose compagnie full-container si appoggiarono all’Agenzia Laviosa, per poi concentrarsi, successivamente su un numero esiguo di Compagnie con navi capaci di trasportare migliaia di containers.
Le Compagnie in carico alla Laviosa non seguirono questa politica e in breve l’Agenzia presentò problemi.
Ebbe a questo punto l’occasione di acquisire le linee della Tirrenia e dell’Adriatica.

Nel 1990 si registrò un aumento della concorrenza nel settore dei contenitori mentre diminuiva il lavoro del carbone ma cresceva lo sbarco di Bentonite, , sabbia di Silice, Barite per l’industria Laviosa ed anche coke, sabbie di Cromite ecc. per altre industrie. Quando l’Autorità Portuale di Livorno impose la costituzione di una società per la gestione della calata dei rinfusi sull’Orlando, l’Agenzia divenne uno dei maggiori compartecipi perché tra i principali utilizzatori.

L’Ingegnere Ernesto Laviosa, assunse per un lungo periodo la presidenza della Sezione Marittima della Camera di Commercio.

Ho vissuto questo periodo con un sentimento di alta responsabilità, nel desiderio di rendermi utile, come imprenditore moderno ad onta di tante resistenze alle innovazioni, anche nel settore portuale. E mi piaceva anche operare nel mondo marittimo, perché l’Agenzia è stato il primo impegno e tale è rimasto negli anni. Anche se ho riservato molto spazio alla mia attività industriale, ho sempre mantenuto grande attenzione per l’Agenzia, in grado di riservare molte soddisfazioni imprenditoriali anche in assenza di cospicui investimenti.

Gli anni ’80-’90

Nel 1985 si festeggiò il cinquantenario della Laviosa Industria Chimica.
Tre anni primi, era il 1982, fu creata la Finanziaria, nel cui Consiglio faceva parte Giovanni, figlio di Ernesto Laviosa.
In quel periodo era entrata nel Gruppo un’altra società sarda, la CE.DI.SA. di Cagliari, che con le sue riserve minerarie di caolino, permise all’azienda di espandersi verso la produzione di zeoliti, di assorbenti per lettiere, di sostitutivi del Nero Minerale. Negli anni, la compagine storica, culturale e sociale si modifica e le aziende devono stare al passo, operando continuamente degli aggiornamenti nei compiti.
Per il Gruppo Industriale Laviosa la ricerca è sempre stata un punto di forza, uno strumento fondamentale del sistema produttivo ed ha sempre fatto parte della filosofia aziendale, costituendo una delle più importanti fonti della nostra competitività.
… Lo sforzo della società era quello di mantenere il valore dei prodotti e realizzare la massima specializzazione attraverso il loro uso industriale e domestico, ma anche di conservare elevata la quota di competitività dell’azienda con la qualità. Questo presupponeva un continuo lavoro di ricerca e la disponibilità del laboratorio specificamente aggiornato.

Nel 1985 si aggiunse un altro stabilimento, in via Leonardo da Vinci, un area di 45.000 metri quadrati che permise al gruppo di dedicarsi a prodotti che attendevano lo spazio per essere realizzati: le lettiere, la Bentec, il deposito del pannello e dell’acido solforico.
I laboratori di ricerca interni avevano, nel frattempo evidenziato che la Bentonite, piuttosto che l’Urasite, era il materiale ideale per le lettiere, permettendo così un uso massiccio di Bentonite anche in questo settore.
Con gli anni ’90, il Gruppo era impegnato in molteplici produzioni e necessitava di materie prime di diversa provenienza, anche dall’India.

Fu quindi indispensabile definire una nuova strategia. Questa consisteva da una parte nella cessione di risorse minerarie non più necessarie, dall’altra prevedeva la concentrazione delle attività in settori dove il Gruppo aveva conseguito i maggiori successi e dove possedeva una particolare specializzazione. Al fine pertanto di garantirci la maggior parte dei nostri approvvigionamenti, la Società ellenica Silver and Baryte Ores Co., con impianti nell’isola di Milos, la più grande produttrice di minerali industriali del Mediterraneo e quotata alla Borsa di Atene, entrò al 35% nella compagine sociale della Laviosa Chimica Mineraria.
Grazie a questa ristrutturazione il Gruppo diviene uno dei più importanti produttori di Bentonite per tutti gli usi, dal tappeto bentonitico, alle lettiere per animali, alle argille organofile, alla fonderia, al drilling, alla depurazione dei vini e delle acque, alle organo-bentoniti ecc.

Il lascito

L’Intervista a Ernesto Laviosa è un libro denso di avvenimenti, pensieri, considerazioni, ma soprattutto è denso di vita, di forza vitale.
Non mi ha stupito, è in linea con la costante che ha guidato Ernesto Laviosa imprenditore, la voglia del fare.

Il consuntivo che si può leggere a fine libro è ottimistico, fiducioso nel futuro della Laviosa, un Gruppo che, nel corso degli anni, ha attraversato la storia dell’Europa seguendo sempre un incessante sviluppo, una continua crescita.

L’Ingegnere ha un occhio di riguardo e riconoscenza verso quanti hanno lavorato nelle sue aziende. Lo sottolinea in diversi passi del testo: è riuscito in tutto ciò che ha fatto anche grazie agli uomini che lo avevano di volta in volta affiancato, delegando o condividendo con loro le responsabilità e, al ricordo dei quali, non manca mai di esprimere sentimenti di affetto e gratitudine.

Fra i rimpianti troviamo l’avere seguito l’azienda più da un profilo tecnico che finanziario, dovuto, appunto alla sua preparazione ingegneristica.
Verso la conclusione vorrei sottolineare i punti di forza su cui insiste Ernesto Laviosa, nel Suo vissuto da imprenditore, fra i quali:

– mio figlio Giovanni che, al termine della preparazione, ha saputo assumere le responsabilità con impegno e capacità.
– ognuno di noi ha cercato di essere giusto con tutti e ci siamo resi conto della forza morale di questo comportamento.
– le aziende non sono fonte di reddito per soddisfare esigenze superflue.
gl’imprenditori debbono avere una vita decorosa ma senza sprechi
gli utili sono motivo di progresso sociale, le perdite distruzione di beni.
Investire gli utili conferisce il diritto morale ad esercitare impresa.

E ancora: La vita è piena anche di errori, ma se ci fosse consentito di ripercorrerla, probabilmente alcuni li eviteremmo, ma ne faremmo dei nuovi. L’esperienza è saggezza, anche se le passate vicende spesso non sono sufficienti a proteggerci. Occorre grande attenzione e modestia, ma dopo tutti i ripensamenti, bisogna “fare”.

Il seguito di questo “racconto” spetterà a Giovanni e dopo di lui ai suoi figli.

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